Detective in corsia…ovvero, la follia non è poi così ordinaria!
Osservate con quanta provvidenza, la natura, madre del genere umano,
ebbe cura di spargere nel mondo un pizzico di follia,
infuse nell’uomo più passione che ragione,
perché fosse tutto meno triste.
Se i mortali si guardassero da qualsiasi relazione con la saggezza,
la vecchiaia neppure ci sarebbe.
La vita umana non è nient’altro che il gioco della follia.
tratto da “Elogio della Follia” – Erasmo da Rotterdam
Storie. Storie di sofferenza, a volte di piccole gioie quotidiane. Storie di vita, soprattutto.
Sono tante quelle che si incontrano nei corridoi di un reparto ospedaliero, dove giovani uomini e giovani donne di diverse età vengono ricoverati “per staccare la spina” dai loro pensieri, dalle loro paranoie, dai loro deliri, dalle sostanze che a volte si sono prese tutto questo.
Pensieri e sostanze che diventano sintomi dell’anima, dei quali si sentono padroni e prigionieri, e sui quali gli specialisti, in corsia, lavorano come muniti di una lente di ingrandimento. Che li aiuti ad osservare, a cercare sfumature, evidenze, a capire.
Come per Marco, ad esempio, con una storia di abuso di sostanze stupefacenti di ogni tipo, e forse qualcosa di più, di prostituzione per procurarsi la droga, di bugie, soprattutto, tante, di ogni tipo, raccontate a tutti, che giustifica come un espediente per proteggere i suoi “giri”, “le persone di un certo ambiente”, o forse per proteggere se stesso, per allontanare una parte di sé che vive come brutta, malata, con cui non vuole stare in contatto, che non vuole sentire.
O Riccardo, ad una seconda fase del suo cammino di guarigione, che ringrazia gli operatori del reparto per avergli dato la possibilità di una vita nuova, diversa, ed offre cioccolato a tutti, perché è felice, ma deve ancora imparare a contenere quest’emozione perché non la conosce, e fatica a tenerla per le mani, e ci dice “la Felicità, che cosa strana, ho sempre il sorriso sulla faccia, ma non voglio sembrare stupido, mi sembro un clown, però è una bella sensazione”.
O ancora Giulio, che sente le sue voci lontane tutti i giorni, “ma oggi no, allora forse vuol dire che va un po meglio”, o Antonio che pensa che al tg parlino di lui e si sente perseguitato e si rinchiude in camera, però poi, col passare delle settimane accetta di sedersi in gruppo per ascoltare musica o uscire a fare una passeggiata nel parco, con gli altri.
Storie che hanno nomi importanti come “psicosi” oppure “schizofrenia”, “tossicodipendenza”, etichette che spaventano i più e che non raccontano la fatica di saltare nel vuoto per intraprendere un percorso di cura, per poi scoprire una volta arrivati di aver trovato il posto sicuro in cui stare, almeno per un po’.
I matti…così li chiamano, i diversi, i mostri per altri, che sono persone, più di ogni cosa Persone.
Con delle storie decisamente straordinarie, che vogliono essere ascoltate. Di sofferenza a volte, di piccole gioie quotidiane tante altre. Storie piene di vita, soprattutto.
Dott.sa Elena Tigli
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